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Cnidari: meduse, anemoni
e corallo di fuoco

 

Gli cnidari sono organismi invertebrati caratterizzati dalla presenza di cellule chiamate cnidociti che ospitano al loro interno organelli specializzati nell’iniezione di veleno, le nematocisti. Queste, in seguito a stimolo fisico (come il contatto) o chimico (come l’applicazione di sostanze quali acqua dolce o alcol), rilasciano un microtubulo ricco di tossine simile ad un arpione, che si conficca nella cute della vittima.

Tra gli cnidari, gli animali più conosciuti e temuti dai bagnanti sono le meduse, tanto belle ed eleganti quanto subdole e nocive: i loro tentacoli e talvolta anche il loro cappello (dipende dalla specie) sono ricchi di nematocisti pronte a rilasciare tossine responsabili di fastidiose reazioni cutanee locali e a volte anche sistemiche. La carezza urticante della medusa provoca un istantaneo dolore seguito da un’eruzione orticarioide in sede di contatto.

Tali segni e sintomi possono durare da pochi minuti a molte ore e in genere dopo qualche giorno tutto si risolve senza lasciare sequele. Reazioni analoghe possono verificarsi anche se se si tocca inavvertitamente l’animale morto arenato sulla battigia.   

Gli anemoni, a differenza delle meduse, non sono liberi di muoversi trasportati dalle onde o dal vento, ma sono fissi sul fondo marino, adesi a pareti o scogli sommersi. I loro tentacoli urticanti oscillano lentamente a seconda delle correnti come ciuffi di capelli, fornendo uno spettacolo quasi ipnotico a chi li osserva.

Il contatto con anemoni di mare è responsabile di quadri clinici simili ma più gravi rispetto al contatto con le meduse: in questo caso, infatti, possono presentarsi più facilmente vescico-bolle e imponente edema, accompagnati da intenso dolore, bruciore e da uno stato di malessere generalizzato.  Inoltre, la durata della dermatite è solitamente più lunga: da 2 a 4 settimane.

Talvolta, soprattutto dopo le mareggiate, si può incappare in microscopiche forme immature di meduse o anemoni allo stato larvale, impropriamente chiamati “pidocchi di mare”, che fluttuano liberamente in acqua:  questi sono responsabili della cosiddetta dermatite del bagnante, un’eruzione cutanea pruriginosa che interessa soprattutto le aree coperte dal costume da bagno, dove il contatto con questi agenti invisibili a occhio nudo, intrappolati tra le maglie di tessuto, è prolungato.

Altri organismi che fanno parte del phylum degli cnidaria sono i coralli. Nell’immaginario comune questi sono fragili piante che adornano il fondale marino con i loro colori sgargianti. Nulla di più sbagliato! I coralli non sono altro che piccolissimi polipi che abitano strutture costituite da carbonato di calcio, da loro stessi secreto. Questi animaletti possono essere più o meno urticanti.

Il più noto è il corallo di fuoco, un corallo duro di colore bianco-giallastro che risiede in acque tropicali o subtropicali. Deve il suo nome al suo tocco “rovente”: il semplice sfioramento provoca un improvviso e intenso bruciore, seguito da eritema, edema e talvolta vescico-bolle. A questo si può aggiungere la lacerazione cutanea che la sua struttura dura e tagliente può facilmente provocare.

In caso di lesioni da contatto con meduse, anemoni o corallo di fuoco, bisogna evitare l’applicazione di acqua dolce o di alcol, né strofinare la cute con la sabbia: queste misure provocherebbero infatti la rottura delle nematocisti con rilascio di ulteriore veleno. Il trattamento più adeguato varia a seconda della specie, ma solitamente è consigliabile lavare la parte colpita con acqua di mare per rimuovere eventuali residui urticanti, applicare aceto per inattivare le nematocisti (sconsigliato però in caso di caravella portoghese, per la quale è preferibile l’immersione in acqua calda salata a 45° per 20 minuti) e successivamente sfiammare con una borsa del ghiaccio. In alternativa all’aceto o all’acqua calda, si può usare il gel astringente a base di cloruro di alluminio esaidrato, anche se un po’ meno efficace. Potrà poi essere utile un cortisonico topico per ridurre ulteriormente l’infiammazione ed eventualmente un antibiotico per prevenire la sovrainfezione batterica. Nel caso del corallo di fuoco, il veleno è termolabile quindi è consigliabile l’applicazione di acqua salata riscaldata ai limiti della tolleranza. Inoltre, in presenza di lacerazioni, dev’essere valutata la profilassi antitetanica. Per quanto riguarda la dermatite del bagnante, il suo trattamento prevede solitamente l’utilizzo di antistaminici e cortisonici topici e soprattutto il lavaggio accurato del costume e della muta prima del riutilizzo.

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