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Crema solare: filtro fisico o chimico?

 

Spesso ci dimentichiamo che l’abbronzatura non è altro che il meccanismo di difesa della nostra pelle dai raggi UV, anzi riteniamo che la tintarella sia addirittura un sintomo di buona salute. Questa percezione, unitamente all’abitudine a periodi di fotoesposizione brevi ma intensi, spesso a basse latitudini, ha portato inevitabilmente a un aumento dell’incidenza dei tumori della pelle, sia melanoma che NMSC. Per questi motivi, oggi più che mai è fondamentale l’utilizzo corretto delle creme solari. Ma quale scegliere? Possiamo dividere i prodotti solari in 2 gradi categorie: filtri chimici e filtri fisici.

I primi contengono dei cromofori, cioè delle molecole in grado di assorbire determinate lunghezze d’onda dei raggi UV. I filtri chimici più comunemente utilizzati nella grande distribuzione sono il Butil-methoxydibenzoylmethane (BMDM), che assorbe gli UVA I, il Phenylbenzimidazole-5-sulfonic acid, attivo sugli UVA II, l’Ethylhexyl methoxycinnamate, l’Homosalate e l’Ethylexyl salycilate, che assorbono gli UVB e l’Octocrylene, ad ampio spettro (UVB + UVA II). Questi sono molto resistenti e sono dotati di ottime proprietà filtranti ma, essendo costituiti da molecole molto piccole e liposolubili, vengono assorbiti facilmente dalla pelle. Proprio la possibilità di assorbimento, oltre a poter dare problematiche di allergia e sensibilizzazione da contatto, li rende potenziali interferenti endocrini, cioè sostanze in grado di alterare l’equilibrio ormonale penetrando nel torrente circolatorio. I principali imputati sono i benzofenoni, come l’Oxybenzone, e i cinnamati: i loro effetti negativi, ancora in corso di studio nell’uomo, sono visibili sul fragile ecosistema della barriera corallina. Tali problemi risutano notevolmente ridotti nei filtri chimici di terza generazione: i Tinosorb sono infatti caratterizzati da un ridotto assorbimento, quindi miglior profilo di sicurezza, ottima efficacia filtrante broad spectrum e fotostabilità. Sono pertanto da preferire rispetto ai filtri chimici di vecchia generazione.

I filtri fisici sono costituiti da particelle solide inorganiche che funzionano schermando la luce con un meccanismo di riflessione e diffusione. I più usati sono l’ossido di zinco (ZnO) e il biossido di titanio (TiO2). Non vengono assorbiti, ma il loro potere filtrante è lievemente inferiore, soprattutto per la loro limitata spalmabilità, responsabile dello sgradevole effetto bianco. Questo problema è stato risolto dalle nuove formulazioni “nano”, che aumentano la compliance e conseguentemente l’efficienza protettiva. Il termine “nano” non ci deve spaventare: identifica infatti molecole che sono comunque più grandi rispetto a quelle dei filtri chimici di vecchia generazione e al momento non ci sono evidenze scientifiche di penetrazione percutanea. I filtri fisici, proprio per il loro miglior profilo di sicurezza, sono consigliati nei bambini e in generale nelle persone con cute sensibile. L’unica accortezza è non utilizzare prodotti spray sotto pressione con tecnologia “nano”, comunque vietati dal legislatore, per il rischio di inalazione. Il dermatologo saprà consigliare a ogni paziente il prodotto più adatto, che sia in grado di conciliare efficienza, sicurezza e piacevolezza cosmetica.

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