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Sole, vitamina D e filtri solari

 

Lo stile di vita indoor che ci impone la società odierna ha portato a livello globale a un problema di carenza di vitamina D nella popolazione generale. Le sue conseguenze non possono essere sottostimate: infatti, stati carenziali si possono associare non solo a disordini del metabolismo osteoscheletrico, ma anche a patologie autoimmuni, cardiovascolari, infettive, neurologiche e oncologiche.

Le tre fonti principali di vitamina D sono l’esposizione ai raggi UV, la dieta e la supplementazione orale con integratori.

La pelle, in seguito a fotoesposizione, ne assicura circa il 90% del fabbisogno quotidiano, grazie alla conversione del 7-di-idrocolesterolo in colecalciferolo (vitamina D3). Durante la stagione estiva e primaverile, la quantità di vitamina D derivata dalla fotoesposizione può facilmente superare la dose giornaliera raccomandata di 1000 UI/die, mentre in autunno e inverno si stima che l’assunzione tramite questa fonte sia di sole 220 UI/die, quindi nettamente insufficiente. È difficile stabilire con esattezza un’equivalenza tra minuti di fotoesposizione e unità di vitamina D: tra le variabili in gioco ci sono infatti non solo la stagionalità, ma anche la latitudine, l’altitudine, l’orario di esposizione, le condizioni meteo, l’età, il BMI, la percentuale di superficie corporea esposta e il fototipo. Uno studio australiano che ha monitorato un gruppo di individui adulti con fototipo 2 che esponevano il 15% della loro superficie corporea (comparabili a volto e avambracci) ha dimostrato come per garantire livelli adeguati di vitamina D siano sufficienti 10-15 minuti di sole alle 10 del mattino o alle 3 del pomeriggio 3-4 volte a settimana da ottobre a marzo, mentre fotoesposizioni più lunghe si rendono necessarie da aprile a settembre, in particolare nelle zone più a sud.

Un altro studio americano ha constatato che a Boston, localizzato più o meno alla nostra stessa latitudine, da aprile a ottobre un soggetto di fototipo 3 con il 25% della superficie corporea scoperta, necessita di 3-8 minuti del sole di mezzogiorno per sintetizzare 400 UI di vitamina D, mentre da novembre a marzo l’esposizione dovrebbe essere notevolmente più lunga.

Conoscendo i potenziali effetti deleteri dei raggi UV, la supplementazione orale resta la via più sicura per aumentare i livelli di vitamina D in caso di carenza.

La dieta, infatti, contribuisce solo in minima parte all’apporto di questa importante vitamina: pochi alimenti la contengono (tra questi spicca l’olio di fegato di merluzzo: un cucchiaio corrisponde a circa 1200 UI) e cibi fortificati artificialmente non sono sufficienti a soddisfarne il fabbisogno qutidiano.

Ecco perché l’utilizzo di integratori, sempre sotto controllo medico, risulta spesso fondamentale, soprattutto durante la stagione invernale.

Un discorso a parte meritano i filtri solari che teoricamente, bloccando le radiazioni UV, porterebbero a una diminuzione della sintesi di vitamina D. Si potrebbe quindi far strada la tanto pericolosa quanto sbagliata idea di evitare l’applicazione del fotoprotettore. Una riduzione effettiva dei livelli di vitamina D si verificherebbe infatti se venisse applicata la quantità di crema solare suggerita, cioè 2mg/cm². Calcolando che una persona alta 1,70 per 60kg ha una superficie corporea di circa 1,5m², dovrebbe utilizzare 30grammi di crema ad ogni applicazione, quindi 1 flacone da 200mL dovrebbe bastare per meno di 7 applicazioni. Ricordiamoci che le indicazioni sono quelle di riapplicare il fotoprotettore ogni 2 ore e dopo ogni bagno, fatevi i conti… Sì, avete capito bene, dopo un weekend al mare il vostro flacone da 200mL dovrebbe essere vuoto! Insomma, applicare così tanta crema è veramente difficile: nella vita reale, è stato infatti stimato che viene utilizzata in media una quantità che non supera gli 0,8mg/cm², con effetti molto limitati sui livelli di vitamina D. Questo è stato confermato anche da uno studio australiano, che non riscontrava differenze tra un gruppo che applicava filtri solari e un altro che applicava solamente un placebo. Quindi, riassumendo, durante l’estate livelli adeguati di vitamina D si possono ottenere facilmente mediante un’esposizione solare responsabile, mentre da novembre a marzo è spesso necessaria l’integrazione.

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